I F.lli Longo
Da “100 anni di alpinismo bergamasco” … erano veri esperti nell’impiego dei mezzi artificiali, tecnica importata nelle Dolomiti dalla scuola di Monaco, che cominciava a diffondersi , pur incontrando forti contrasti, anche sulle nostre montagne …
Durante il ferragosto del 34 decisero di scalare il Cervino lungo la via italiana: erano in cordata con Pasquale Tacchini e con il Dott. Mario Finazzi. Giunti alla famosa “scala Jordan, vennero sorpresi dalla tormenta. Stremati dalla stanchezza, frastornati dalla neve, dal vento e dal freddo, i quatto alpinisti bergamaschi trascorsero una notte da tregenda al primo bivacco. Il mattino dopo a pochi metri dalla vetta il minore dei due fratelli, Innocente, ormai al limite della resistenza fisica e psichica, moriva assiderato sotto gli occhi dei compagni.
Benché sconvolto dalla morte del fratello, Giuseppe, aveva voluto mantenere il comando della cordata sulla via del ritorno; dopo un secondo ed un terzo drammatico bivacco, anch’egli cessava di vivere, esausto ed assiderato. Finazzi si era fermato prima, alla capanna Solvaj con i piedi congelati, Tacchini raggiunse a stento il rifugio dell’ Hornli con un grave congelamento alle mani … La tragedia del Cervino rappresentò per il mondo alpinistico, non solo bergamasco, uno “choc” che durò a lungo, anche se le autorità si preoccuparono di soffocare inchieste e polemiche sulla fine dei due sventurati fratelli …
– Questo ci dimostra che la montagna ha le sue imprevedibili leggi e ciascuno deve essere profondo conoscitore di sia di se stesso oltre che della montagna. In quegli anni dobbiamo anche dire che le attrezzature erano ancora per certi versi primordiali, non esistevano capi di abbigliamento specifici e che le conoscenze fisiologiche erano lasciate più all’intuito personale che basate su dati medici ben definiti.
– La tragedia praticamente anticipa di trent’anni quella accaduta a Bonatti sul Pilastro Centrale al Monte Bianco nel 61: anche in quel caso la bufera bloccò in parete due cordate che esprimevano il meglio dell’alpinismo di allora, quattro persone morirono assiderate.
Da “100 anni di alpinismo bergamasco” …
Parlare di montagna vuol anche dire purtroppo accennare anche alle tragedie ad essa legate, … nel 32 Benvenuto Oprandi cade sulla Sud della Presolana Centrale; nel 35 durante il tentativo di ripetizione della via Longo alla NE della Presolana Orientale, cadevano Luigi Colombi e Cesare Giaccone.
Agostino Parravicini
Muore nel 1935 mentre tenta la salita sullo spigolo SE della Cima Zocca in Val Masino. L’ascensione viene ritentata con successo nel 1937 da Tizzoni con Mario dell’Oro e G. Cazzaniga. Da allora lo Spigolo Parravicini al torrione di Zocca è una delle scalate classiche più apprezzate di questa zona.
Al valente alpinista viene dedicata la Scuola Nazionale d’Alta Montagna Agostino Parravicini, fondata nel 1936 da un gruppo di universitari milanesi, appartenenti alla SUCAI.
Nel 36 il CAI Bergamo istituisce il “Trofeo Parravicini”, storica competizione di sci alpinismo voluta dagli amici di Agostino dopo la sua scomparsa. Da allora si perpetua ogni primavera l’evento internazionale per gli amanti dello sci alpinismo. Sin dalla nascita del Trofeo Parravicini gli organizzatori hanno sempre disegnato il tracciato di gara nel comprensorio dell’Alta Val Brembana, che Agostino ben conosceva perché proprio quei luoghi gli hanno permesso di perfezionare la sua tecnica alpinistica
A Parravicini è intitolato anche un bivacco del CAI di Sondrio, con nove posti letto, situato sulla vedretta di Scerscen superiore a 3183 m.
Antonio Locatelli – Il 28 giugno del 36, un’altra tragedia: accanto al suo trimotore, a Lekemti muore Antonio Locatelli. Aviatore decorato di medaglia d’oro e di tre d’argento nella guerra del 15-18 e successivamente di altre due medaglie d’oro. Compagno di D’Annunzio nel volo su Vienna, Trasvolatore delle Ande, effettua anche il primo tentativo di trasvolata del Nord Atlantico … Autentico “soldato della montagna” per inclinazione e temperamento aveva svolto una intensa attività alpinistica, spesso in gara di bravura e coraggio con il fratello Carlo: un’attività che aveva toccato tutte le più importanti vette delle Alpi….
Nel 38 Nani Locatelli, Gianluigi Tua e Jole Rota perdono la vita il giorno di Pasqua, nel canalone orientale tra il Redorta e lo Scais…
Giuseppe Pirovano – 1993
…..… Da un giornale locale ….Non c’ erano rappresentanti di spicco del mondo dell’ alpinismo e dello sci italiano ieri mattina, a Pavia, ai funerali di Giuseppe “Piro” (Pirovano), morto giovedì’ scorso all’ età di 85 anni. Bergamasco d’origine, pavese d’adozione, Pirovano aveva trascorso tutta la vita al passo dello Stelvio, dove su sua iniziativa sono stati costruiti dal 1949 al 1973 i quattro noti rifugi albergo. Per tutti una regola: in montagna non c’ e’ posto per il superfluo. Fondatore della scuola di sci più’ famosa d’ Italia, lo “Sci Club Pirovano”, nella sua carriera di alpinista aveva scalato vette sull’ Himalaya, sulle Ande e sulle Alpi. …..
1974 … L’inferno è sul tetto del mondo, una nuova pagina drammatica della lotta per la conquista delle più alte vette del mondo nel racconto di due famosi scalatori italiani.
L’anziano ingegnere scalatore Piero Ghiglione e la famosa guida Giuseppe Pirovano si sono uniti lo scorso ottobre a quattro inglesi e hanno formato una spedizione anglo-italiana. Gli scopi erano due: esplorare a fondo, per la prima volta, le tre immense valli ai piedi occidentali del gruppo che fa capo alla cima più alta del mondo, e tentare la prima ascensione di una montagna favolosa, ritenuta una delle più ardue dell’intera catena himalayana: l’Hama Dablàm, di quasi settemila metri. Il primo risultato è stato conseguito e ne trarrà particolare vantaggio la cartografia dell’Everest, ancora sommaria e imprecisa; il secondo e stato fallito per un soffio: Pirovano e il suo compagno di cordata Cunningham dovettero tornare indietro quando avevano la vetta a poche centinaia di metri. Ma altre vie su nuove altissime cime sono state saggiate, ed è stata raggiunta la vetta inviolata dell’Island Peak, a circa 6500 metri, da due cordate, una delle quali guidata da Piero Ghiglione.
“La cosa più imprevista”, dice Pirovano, “ciò che colpisce più profondamente di queste regioni sono secondo me le distanze”. La piccola spedizione percorse infatti, a piedi, cinquecento chilometri per giungere alla testa dei ghiacciai. Cinquecento per andare e altrettanti per tornare. …. “Vedi l’Himalaya dalla pianura indiana o nepalese come le Alpi dalla pianura padana; non percepisci le proporzioni diverse. Poi cominci a camminare, e cammini settimane e settimane. Il sentiero, largo una spanna quando c’è, non aggira i valichi o i colli: sale diritto, verticale, magari per un dislivello di mille metri (e tu speri di aver guadagnato quota), poi precipita di nuovo a picco, in fondo a una vallata parallela alla prima. È la marcia della disperazione”…..