Da più di un’ora sono ancorato al di sotto di uno strapiombo … la corda scorre lenta ed è sottile, tanto sottile …. inutile chiamare … le difficoltà sono forti …. in questi momenti viene spontaneo pensare ….
In quel tempo lontano, per ignoto volere, a tutti gli uomini era concesso di vivere molteplici esistenze.
Ma un tal privilegio aveva un oscuro risvolto: infatti passando dall’uno all’altro stato, gli uomini si rammentavano solo raramente ed in maniera confusa di ciò che a loro era accaduto in precedenza. Solitamente, infatti, non potevano ricordarsi né del bene, né del male compiuto nel tempo che, alle loro spalle, di volta in volta si andava chiudendo.
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Anche a lui, per lo più, erano ignote le origini della sua prima vita e gli accadimenti che l’avevano animata. Da essi lo separava una sensazione insolita; qualcosa a mezzo fra il dispiacere di non ricordare e la vaga consapevolezza di aver assorbito, quasi respirato, momenti intensi e bellissimi … tutto ciò unito al rincrescimento di non averli pienamente vissuti.
Tuttavia, quando vi ripensava, piccole note di infinito irradiavano il suo volto!
Per lui, quello, era un momento magico e al tempo stesso naturale, attraverso il quale manifestava l’intento di voler accogliere nel suo animo tutto ciò che di radioso vi era stato nei momenti trascorsi in intimo contatto, a volte, con la natura.
Quel suo sorriso costituiva uno spartito interiore, immenso ed azzurro, una fonte fresca dalla quale attingeva piccole gocce di eternità: quella eternità che gli pareva di aver vissuto rimirando insaziabilmente il dolce declinare dei monti o i delicati incantesimi di bianchi vapori.
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La parete alla quale si era agganciato distava pochi centimetri da lui. Essa costituiva il baluardo colorato e mosso contro il quale andava a fermarsi il suo sguardo. Tutto, apparentemente, sembrava infrangersi a ridosso di quella grande sporgenza che lo sovrastava. Lo spazio sembrava finire lì o da quel luogo ricominciare, a seconda di come egli, nella attesa, volgesse lo sguardo.
Era appeso nel vuoto e solo un’ esile fessura, un piccolo labbro sporgente, gli offriva un precario appoggio. Queste insolite geometrie disposte in una contrastante e per certi versi sconvolgente armonia, il grande silenzio e soprattutto la sottile corda che lo univa al suo compagno, lo fecero lentamente cosciente di quelle dimensioni, di quelle distanze, di quella profondità e di quell’esile legame che lo univa alla vita.
Quello costituì per lui un’ importante momento, l’unico che, per Alto volere, gli fu concesso di ricordare della sua seconda esistenza.
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Uno stretto sentiero tagliava le ripide balze del bosco.
Lui, accompagnato da un amico, ne seguiva la traccia, appena percettibile alla tenue luce del primo mattino. Non si incontravano da gran tempo, nel camminare si parlavano facendo memoria dei fatti accaduti in paese. Si scambiavano impressioni, che forse volevano essere anche una tacita e reciproca rassicurazione su quella loro comune passione che li vedeva già impegnati a quell’ora, quando ancora, nella valle si stavano accendendo le prime domestiche luci.
Una piccola radura poneva tregua all’assalto del fitto bosco al gran «colosso inanimato. Si fermarono per riprendere fiato e ad ordinare la corda e i materiali necessari per la salita.
Una leggera foschia scontornava verso l’alto ogni rilievo sia d’albero che di roccia, ma sia lui che il suo compagno decisero di salire ugualmente, temendo che un’altra occasione non si sarebbe ripresentata. Il lento salire per quegli alti anfratti permetteva alternativamente ai due, a seconda di chi fosse a capo della corda, di riposarsi e di gettare lo sguardo verso il fondo di quegli orridi.
La parete, apparentemente liscia e compatta se guardata dal basso, offriva invece, all’ avanzare, profondi camini, strette spaccature, ampie cascate come se si trattasse di un mondo costruito al centro di un altro mondo.
I suoi sentimenti avevano libero sfogo, accolti come erano dal silenzio del luogo appena sottolineato dal leggero tintinnare di lontane greggi.
Essi potevano crearsi e ricrearsi nell’intimo, così come la nebbia di quel mattino che a tratti diradandosi, offriva alla vista incantevoli e severi paesaggi.
Quello era un erto luogo di pietra, ma per lui, quella diroccata via costituiva anche un sentiero di poesia, una solitaria regione dell’anima, una sorta di musica interiore,
Quelle rocce gli apparivano nude, come nudi erano i suoi sentimenti e semplici, cosicché il duro, aspro ed aereo arrancare, gli appariva solamente come il dolce ritmo di un intenso e nascosto ed interiore moto.
Erano giunti all’ inizio della cresta sommitale. L’affilato confine si mostrava come itinerario certo verso la vetta. Nel frattempo lo aveva colto un profondo struggimento, una malinconia. Le poche parole scambiate con il compagno, ma le uniche necessarie su di un così lungo itinerario, la vastità di quella ampia e verticale conca, la sapiente cadenza delle nebbie che a tratti mostravano le case lontane, creando impalpabili sipari fra il sogno e la vita, formavano in lui una sorta di attenta perplessità.
Neppure gli ultimi ma ancora impegnativi passaggi, riuscirono a trarlo da quel rapimento così profondo!
L’eco di quella sua commozione, lungamente attesa ed apparsa così inaspettatamente, gli invadeva l’anima, l’armonia di quei luoghi riviveva ridestata dentro di lui e fu così che negli azzurri ed infiniti spazi, venne presa una insolita decisione: quel suo sentimento, che voleva esser Alto, non doveva andar perduto.
Ecco allora che per magica fortuna venne tramutato quel suo pensiero, come per magia, in una brillante stella, in una nuova vita: la sua quarta esistenza … accolta fra le mille altre del brillante e sconfinato firmamento.