La Valsassina, anche se l’ho scoperto molti anni dopo, mi ha insegnato molto. Mi è entrata nel sangue e nella testa come se fosse un’ essere vivente :ed in fin dei conti, per me un essere vivente lo è, fino al punto da esserne, per certi versi, geloso nel vederla frequentata da altre persone. I profumi, i colori, i rumori o i silenzi, le zone impervie e remote o i fondovalle, le prime arrampicate, rappresentano i miei ricordi, il mio umus interiore, in quei luoghi mi sono formato, sono cresciuto: impossibile dimenticare.
È possibile amare una valle, raggiungerla in un pomeriggio di sole, pensare a lei da amante?
È possibile; anche quando la si scopre infedele, con uomini targati “MI”
e lo sarà fin quando serberà per me un anfratto ignoto,
offrendomelo a Natale e con un bacio sotto l’albero.
Avvolta nella sua gonna color bruciato, con in vita
una fascia di primavera, e tutti quei merletti bianchi, mi
attende frizzante come sempre, anche se nuove rughe
asfaltate ne invecchiano il volto.
In fondo non è cambiata:
con le sue domeniche da riempire,
con gli stessi amici
dove un gesto vale più di una parola
e si lavora in silenzio perché ogni
cosa è rito o l’intesa richiede solo un‘occhiata.
Ci siamo accompagnati, tenendoci per mano, non
le ho chiesto niente, andandomene prima che un gesto
goffo rovinasse tutto. Ogni volta è così, perché la sopravvivenza
di un amore colpevole come questo reclama il
rimpianto di … non aver picchiato almeno un chiodo nel suo fianco.