Premessa del 2011: ho scritto questo testo 17 anni fa, mentre era in piena attuazione l’iniziativa “Catremerio da Salvare”, intesa a riportare in vita un paesino che ormai rischiava di essere abbandonato a causa dei disagi esistenti: un viottolo inagibile collegava le due frazioni, erano precari i collegamenti elettrici, di acqua e telefono, ecc. per cui occorreva intervenire rapidamente. Mentre si era al lavoro, il pensiero andava anche alle tante frazioni disseminate in bergamasca, tutte ridotte nelle medesime condizioni: una stretta al cuore e l’impossibilità di non poter arrivare dappertutto era pensiero manifesto, ma nessuno osava parlarne. A distanza di anni le cose sono in parte cambiate, un esempio è costituito dal “rifacimento” forse con qualche concessione di troppo, dell’ agglomerato di Arnosto in Valle Imagna; tuttavia trovo che queste parole siano ancora attuali perché comunque molto del nostro patrimonio storico “minore” si sta ormai e comunque dissolvendo. Anche in val Taleggio le baite raramente vengono ricostruite con il tetto come era in origine,obiettivamente troppo costoso, alcune ne conservano almeno la caratteristica accentuata pendenza. In altri casi sempre in Val Taleggiole baite vengono totalmente rifatte, gradevoli, ma con caratteristiche costruttive decisamente lontane dalla tradizione. E’ anche stata costruita una sterrata che da Pizzino raggiunge i piani di Artavaggio: in questo caso le dimensioni del manufatto sono tali da poterne permettere, in alcuni tratti, il transito di due camion affiancati: forse, a mio avviso, si è un poco esagerato.
UN ANTICO BORGO TRA CRONACA E STORIA
Catremerio, paesino poco distante da S’Antonio Abbandonato, guarda dall’alto (1000 m) la valle Brembilla. Durante il dominio della “Serenissima”, apparteneva, con Gerosa e Bura, alla così detta “Quadra della Valle Brembana inferiore”. Queste località non parteciparono alla rivolta dei brembillesi ghibellini, sostenitori dei Visconti e non subirono quindi la conseguente e durissima repressione veneta del 1443 che si manifestò con l’incendio delle abitazioni e l’obbligo di emigrazione per intere famiglie. Per questo motivo Catremerio conserva pressoché intatte le caratteristiche strutture , quelle che nella loro austera e funzionale bellezza possiamo ancora oggi ammirare. Piccolo orti in parte tenuti a giardino, contornano l’agglomerato costruito con pietra locale solitamente ben squadrata. Stalla, fienile ed abitazione appaiono sovrapposti formando un assieme compatto ed omogeneo, con costrizioni che raggiungono a volte notevoli dimensioni. Balconate e passerelle in legno, con le tavole ancora originali, tagliate a mano, caratterizzano le varie abitazioni. A nord un degradare continuo di case a ridosso le una alle altre , consentiva oltre al risparmio nella costruzione delle pareti divisorie, anche un adeguato controllo degli accessi attraverso l’unico portale ad arco esistente. In questo insieme fatto di storia, di lavoro, di tradizione e anche contesto ideale per “ alpinisti, fotografi, ed appassionati della vita e della cultura della montagna bergamasca, si è inserito un fatto nuovo e si spera non unico. In maniera spontanea due mondi si sono incontrati. Da una parte , uomini di montagna, con il loro intenso e secolare attaccamento al proprio territorio e dall’altro amici grati alla montagna, per quanto essa sa donare gratuitamente nelle ore di svago domenicale, ma sopratutto animati dalla voglia e direi quasi dalla necessità di capire tanto di questi ambienti,hanno dato vita all’ iniziativa “Catremerio da Salvare”
LA CRONACA
L’iniziativa prende l’avvio per l’interessamento di Alessandro Pellegrini, Odilla Pesenti e Gian Luigi Pesenti. La loro ricerca viene raccolta nel testo “Catremerio da salvare”. Il tutto si basa sulla precisa convinzione che il patrimonio alpino, nei suoi molteplici aspetti, non è un bene privato dal quale spesso è proprio l’alpigiano ad essere escluso, ma è un bene comune da conoscere a fondo, da salvaguardare in forma adeguata, rispettandone i canonici valori naturali. Catremerio da salvare quindi si propone come fatto concreto ed attuale e come tale ha bisogno di un progetto. Lo realizza l’architetto Matteo Invernizzi, mentre la manodopera in un primo tempo, Agosto 93, é prestata da alcuni volontari di Brembilla, da un gruppo di scout Agesci e da alcuni simpatizzanti del CAI di Bergamo. Viene rifatto l’acciotolato della piazzetta e della viuzza di accesso alla contrada “Sgarbui”, attrezzandola con i necessari servizi. Un’azione più decisa viene svolta nell’Agosto del 94 anche per merito di Nino Calegari, allora presidente del CAI di Bergamo e della nuova commissione per “l’impegno sociale” coordinata da Adriano Nosari. Ottanta volontari, distribuiti in cinque turni (CAI e Scout), con l’apporto logistico degli alpini dell’ANA, rendono agibile e sicura, attrezzandola con servizi di acqua, luce e telefono, la mulattiera che unisce la chiesetta di S. Gaetano al piccolo e caratteristico cimitero. Altre contrade vengono in tal modo agevolate per quanto riguarda trasporti e manutenzione delle proprie abitazioni. Il costo di tale operazione, grazie anche al contributo della Cassa di Risparmio di Torino e all’apporto di attrezzature e materiali da parte di privati, si abbatte del sessanta percento.
DOMANDE
Per quest’anno i lavori sono terminati, ma rimangono comunque aperti grossi interrogativi. Quanti Catremerio esistono in bergamasca? Quanto la montagna potrà ancora conservare la propria primitiva e necessaria integrità? Il volontariato o meglio l’impegno sociale organizzato ed integrato con strutture adeguate, può in casi particolari soddisfare le varie e specifiche esigenze? Quanto le frenesie moderne di ogni genere possono convivere con ambienti e genti abituate giustamente a misurare il tempo secondo le stagioni e non secondo il proprio capriccio? Quali iniziative, ovviamente coordinate e non sporadiche e quali leggi o progetti garantiranno la continuità del lavoro e della vita in montagna? Tutti noi rimaniamo entusiasmati da ampi panorami, dai ricami di prati falciati o dalla calda accoglienza di un rifugio, ma raramente ci accorgiamo degli effetti del graduale abbandono delle attività silvo pastorali, del lento decadimento dei boschi, della diminuzione di fauna stanzuiale o della scomparsa di antichi sentieri. Come evitare questo? Fortunatamente esistono delle risposte: le norme di gestione e tutela dell’ambiente montano in Trentino Alto Adige fanno da guida, senza parlare della cura posta nell’ organizzazione turistica. Turismo ed ambiente devono dunque essere le parole d’ordine, unite a piccole e specializzate economie imprenditoriali locali. Non stravolgimenti ma attenta amministrazione delle proprie risorse; a giudicare dalle molteplici attività avviate ad enti pubblici, comuni e comunità montane, lo spirito di iniziativa non manca. “Catremerio da salvare” è dunque anche un momento di meditazione. Questo piccolo paesino dista venticinque chilometri da Bergamo e per raggiungere il rifugio Lupi di Brembilla del Pizzo Cerro, occorrono non più di quarantacinque minuti di cammino. Eppure a proposito di queste brevi distanze e facili escursioni, possiamo scoprire che le realtà storiche, ambientali e naturalistiche comprese in quest’ambito sono a dir poco sconcertanti. Ma il discorso è più ampio: qualsiasi territorio bergamasco e quindi non solo di valle è in grado di offrire infinite e sorprendenti attrattive turistiche.
UNA RISPOSTA
Il turismo familiare, supportato da documenti informativi semplici ma completi, unitamente alla presenza sul territorio, di un maggior numero di guide specializzate (quindi non solo personale istruito per la visita alla città), potrebbe subire un forte incremento.Con un poco di buona volontà ed attenzione, scopriamo che per percorrere quei venticinque chilometri, potremmo addirittura impiegare un intero periodo di ferie. Curiosità, pazienza e disponibilità possono trasformare il nostro tempo libero e sopratutto modificare il nostro rapporto con l’ambiente. Anche la città fa parte dell’ambiente per cui possiamo e dobbiamo iniziare la nostra visita da Bergamo stessa, conoscerla, sicuramente non à impresa facile, la dobbiamo immaginare bella ed insidiosa come tutte le città che uscivano dal medioevo. La sua storia ci verrà raccontata dalle mille sovrapposizioni architettoniche, lentamente riscopriremo il suo antico tessuto urbano fatto di torri e case forti, simbolo della potenza e della ricchezza di antiche famiglie feudali, le stesse che attraverso mutevoli fortune governarono sull’intero territorio bergamasco. Se ci interessiamo di viabilità, potremo tentare di ripercorrere l’antico tracciato della via Priula. Fu costruita dai veneti per facilitare il trasporto delle spezie da Cipro a Coira, per evitare i balzelli ed i pericoli della tradizionale via dell’ Adda e per garantirsi in caso di necessità l’appoggio di truppe mercenarie. Lungo il suo tracciato, a Botta di Sedrina o a Zogno, potremo ammirare alcune abitazioni dai loggiati tipici. Un ponte pensile ci consente poi di attraversare il Brembo per visitare l’antica Clanezzo. Giungeremo ad un gruppo colorato di case chiamate ancora adesso “il Porto”. Un bellissimo ponte medioevale ad unica arcata, una torre di guardia, una chiesetta trecentesca, un castello distrutto dai veneti ed ora ristrutturato ad albergo ed un maglio del 500 completano il quadro storico. Ma non è tutto, alcuni ritrovamenti archeologici, IV-II millennio, ci parlano di antichi gruppi etnici che nel Neolitico iniziarono la colonizzazione di questi luoghi. Tuttavia una sintesi ed un indirizzo per quello che potrebbe essere la nuova veste di un turismo familiare “pilotato intelligentemente” ci è dato da alcune particolarità offerte da Zogno e dal territorio circostante. Questa cittadina conta infatti ben tre musei, quello “Della Valle”: etnografico; quello della “Vicaria”:con testimonianze del sacro dalla preistoria in poi ed il piccolo ma significativo museo collocato nella sede del CAI locale, che raccoglie reperti fossili, unici, del Troiassico superiore (200-230 milioni di anni fa). Unendo queste opportunità didattiche a quelle offerte da brevi escursioni da effettuare per visitare le diverse grotte sepolcrali del Neolotico e del Bronzo inferiore, nuclei dai quali presero origine alcune frazioni di Zogno stessa, vedremo gradualmente completarsi un emblematico ma interessante mosaico. Potremo anche raggiungere S. Antonio abbandonato per l’antica mulattiera, anche in questo caso i richiami sarebbero geologici: l’enorme piega della Corna Rossa , le differenziazioni fra i vari depositi del triassico superiore ( dolomia, dolomia nera, argilliti e marne) per non parlare degli ambitissimi ma ormai esauriti cristalli di fluorite della miniera Camissone. Salendo da Brembilla le particolarità saranno di carattere architettonico, come dimostra il compatto “insieme di poggio” del casale Malentrata, ricostruito alla fine del XVII, quando Venezia permise il ripopolamento di questa zona. Al Colle dai Gatti potremo ammirare con stupore una superba costruzione del 1736, la cui dimora rustica presenta l’apparato murario più perfetto, probabilmente, delle Alpi. Il giudizio è dell’ ingegner Luigi de Matteis ed è riportato nel volume: Case contadine nelle valli bergamasche e bresciane. Gli escursionisti potranno invece raggiungere il Castel Regina dalla frazione Cavaglia e visitarne al ritorno il piccolo museo. Ritrovarsi a Catremerio o in qualsiasi altro agglomerato alpino, dopo esserci costruiti in siffatto modo il nostro cammino, valutando attentamente tutte le possibilità e le informazioni offerte non solo dalla visita al territorio ma anche dallo scambio di idee con la popolazione, permette di entrare in intimo e reale contatto con il nostro ambiente e con le sue esigenze più oggettive. Se il quadro è completo, la risposta alle domande che all’inizio ci eravamo posti, non mancheranno e saranno di certo accettate e condivise. Occorre quindi conoscere non solo per rispettare, azione alla quale tutti siamo chiamati, ma anche conoscere per trovare risposte positive e diversificate al fine di agevolare coloro che desiderano vivere anche in quelle contrade apparentemente più isolate, come la tradizione ha loro insegnato.
Catremerio è un esempio, non rimane che continuare. Le premesse ci sono tutte, infatti è in fase di attuazione un progetto pilota da estendere a tutta la montagna bergamasca. Progetto che tramite la Regione verrà proposto alla CEE per la debita approvazione.