Le zone alpine ed appenniniche hanno svolto per secoli la funzione di aree di transito, collegando differenti ambienti culturali. Le civiltà dell’Europa centro-settentrionale in questi ambiti, sono venute a contatto con le sedi della cultura mediterranea attraverso quel complesso sistema di comunicazione “trans-alpe”, che ha caratterizzato un’epoca. D’altra parte le catene montuose con le loro accidentate morfologie hanno nel contempo favorito la conservazione di precise fisionomie: l’insieme di tutte queste circostanze ha fatto sì che si formasse un profondo sedime culturale la cui complessità non ha riscontro in altre zone europee. La cultura delle genti montane assume così localmente la funzione di sintesi delle più antiche civiltà europee, con la sua commistione di miti, usanze, credenze, ed idiomi, che sono altrove andati perduti. Un contesto, quello montano, estremamente diversificato e di grande significato testimoniale. Accanto ad ataviche espressioni del più antico retroterra culturale italico (fors’anche di origine preistorica) convivono istanze di civiltà centro europee conservatesi in apparente isolamento, grazie alle quali è ancora oggi possibile riscoprire ed ascoltare messaggi altrove silenziosi o peggio ancora cancellati dall’evolversi dei tempi moderni. Questo plurisecolare sedime trova piena espressione nei segni che l’uomo ha lasciato sul territorio. Alcuni costituiscono autentici testi di cultura non scritta, specchio di un particolare momento della nostra civiltà. Sotto questo punto di vista non è esagerato definire taluni insediamenti alpini come condensati di messaggi, di linguaggi e di conoscenze direttamente trasmesse dalle forme e dall’ornato del costruito: simboli e pietre scolpite “bene auguranti” (apotropaiche)e segni della civiltà cristiana innestati sui residui del più antico paganesimo (vedi ultimi ritrovamento brembani); usi, costumi, abitudini, credenze, superstizioni ed insospettate soluzioni tecnologiche costruttive che non hanno finito di insegnare anche alla nostra “civiltà di cemento”. Questo patrimonio di civiltà è tuttavia in pericolo: l’esodo dalle campagne ha determinato l’abbandono di numerosi beni culturali ed insediamenti storici che rimangono così esposti alla inclemenza del tempo, condannati ad una rapida scomparsa. Stiamo assistendo alla progressiva distruzione di gran parte di questi beni e tra non molti anni le prossime generazioni ne potrebbero essere del tutto prive.Quante vallate alpine ed appenniniche sono attualmente punteggiate da borghi, alpeggi, casolari ed altri manufatti abbandonati ed in parte già crollati?
Quanti segni dell’opera dell’uomo nelle “Terre Alte” (terrazzamenti, sentieri, canali di irrigazione, ponti, fontane, edicole votive, dipinti su roccia ecc.) sono sul punto di essere cancellati ? Tutti noi non possiamo accettare questa silenziosa distruzione delle radici culturali delle genti alpine ed appenniniche. Da queste considerazioni scaturisce un impegno morale per tutti coloro che amano la montagna. Occorre fare qualcosa affinché a memoria di questo grande patrimonio possa essere tramandato alle future generazioni. E’ certamente impensabile, se non in casi episodici, poter procedere al recupero della cultura materiale delle genti di montagna. E’ invece possibile avviare un’iniziativa ad ampio raggio (ed ormai da dieci anni il Gruppo C.A.I. delle Terre Alte, lavora a questo progetto) per censire, catalogare, documentare, segnalare i beni culturali alpini ed appenninici in procinto di andare perduti, con lo scopo di realizzare il Catalogo Nazionale dell’ Insediamento Storico Alpino ed Appenninico.
I RISVOLTI CULTURALI
La “ricognizione” sui segni dell’ uomo nelle “Terre Alte” coinvolge la totalità dei molteplici aspetti, che costituiscono la “dimensione culturale” ed ambientale della montagna. Censire le testimonianze dell’ insediamento storico significa infatti poter cogliere le particolarità geologiche, morfologiche, vegetazionali, storiche e paesaggistiche proprie di una determinata area montana. Forse in nessun altro ambiente geografico italiano, è possibile rendersi conto dello strettissimo legame che unisce l’insediamento umano alle caratteristiche ambientali delle aree montane più elevate. Tutto ciò si manifesta in un equilibrio tra opera dell’uomo ed opera della natura che rappresenta forse il “messaggio” più importante che scaturisce dalle “Terre Alte”. Da queste considerazioni deriva anche il carattere “educativo” insito in tali attività. Per quanto riguarda il Club Alpino Italiano e le commissioni che in esso svolgono moltissimo lavoro: Alpinismo Giovanile, Tutela Ambiente Montano, Escursionismo, Comitato Scientifico, ecc. sarebbe possibile finalmente coniugare l’insegnamento teorico, con una effettiva opera di conoscenza, tutela e catalogazione in grado di trasformare tutti gli appassionati inseriti in queste categorie in autentici protagonisti di una prestigiosa avventura.
Gruppo di lavoro Terre Alte: commissione operante a livello nazionale