Sull’annuario dell’anno passato (1999) ho presentato le aree archeologiche del monte Bego, situate in territorio francese sopra il Col di Tenda. Quel testo praticamente è complementare alle note del presente articolo dove, attraverso alcuni esempi riguardanti: il primo un’area immediatamente limitrofa al mare (Loano- monte Carmo), il secondo, l’entroterra di Savona ed il terzo relativo al massiccio del monte Beigua; cercherò di presentare alcune delle realtà del territorio ligure, invero conosciute esclusivamente dagli esperti o perlomeno da pochi appassionati. I due territori, quello francese e praticamente tutto il crinale ligure, pur essendo confinanti, dal punto di vista preistorico presentano invece sostanziali differenze (almeno ai miei occhi): infatti il monte Bego appare come un’area privilegiata, dove troviamo un grandissimo numero di incisioni rupestri, elaborate e fantasiose, distribuite però su di un’area relativamente limitata, in pratica due valli contigue. Al contrario in Liguria la presenza preistorica si manifesta a macchia di leopardo, con rappresentazioni meno elaborate ma comunque estremamente differenziate da luogo a luogo. Altra differenza fondamentale è costituita dal fatto che a parte le “stazioni preistoriche” più conosciute, situate sul litorale (I Balzi Rossi: sepolture di 40.000 anni; le grotte di Toirano: impronte umane risalenti a 12.000 anni e resti ossei di orsi; le grotte di Bergeggi, ora semi sommerse: presunti reperti risalenti ad 80.000 anni; il dolmen di Varazze; o il castelliere di Savona: le cui tracce sono ancora leggibili all’interno della possente fortezza del Priamar, ecc.), tutti gli altri siti pur essendo descritti dalla letteratura specifica, sono perlopiù difficilmente individuabili (fortunatamente per la loro conservazione). Propio per questo motivo, ogni ricognizione, sopratutto se svolta da appassionati che non conoscono questi territori, assume sempre il carattere di una vera e propria avventura; dove occorre coniugare la capacità di leggere il territorio a molta fortuna ed alle informazioni che via via , pazientemente, si raccolgono. Ma come primo esempio rivolgiamo ora la nostra attenzione al Monte Carmo.
PREISTORIA DAL MARE: LA PIETRA CAMUNA SUL “SENTIERO DELLE TERRE ALTE”
Il “Sentiero delle Terre Alte” congiunge Loano con il Colle del Melogno (m 1018 – fortificazioni austro piemontesi) passando per il rifugio “Pian delle Bosse”(m 841) ed il monte Carmo (m 1389 – guerra partigiana – specie botaniche di rilievo). Questo percorso di più giorni “raccoglie ed evidenzia” tutte quelle realtà ancora leggibili che hanno permesso ed accompagnato la vita dell’uomo praticamente per millenni.
BEN SI ESPRIME QUINDI ANNIBALE SALSA NELLE NOTE INTRODUTTIVE DELLA GUIDA STESSA PUBBLICATA NEL 1999:
“Un sentiero è soprattutto un segno dell’uomo tracciato per addomesticare la montagna, per trasformarla in spazio d’appartenenza, in orizzonti di riconoscimento”. La riscoperta dei reticoli sentieristici di montagna mette a disposizione dell’uomo d’oggi (abituato a pensare alla viabilità in termini autostradali) vecchie “visioni del mondo” ed arcaici modelli di spazialità e di temporalità; modelli che possono svolgere un’importante funzione terapeutica di “conoscenza critica” per mentalità come la nostra sempre più disattenta verso le specificità dei luoghi”. Senza dubbio queste parole contengono un significato profondo, ma per percepirne appieno la valenza, è necessario “incontrare” il territorio e le sue radici, ricomponendo lentamente il mosaico storico con semplicità e rispetto. Per questo ho frequentato l’area del Carmo, e non solo quella come vedremo, in ogni stagione, alla ricerca di volta in volta, di situazioni storiche o ambientali particolari. In queste zone accanto a realtà preistoriche di notevole livello, troviamo testimonianze solo apparentemente di tono minore, ma necessarie per una adeguata “lettura del territorio”. Al Carmo, troviamo un “segno” del passato proprio nelle vicinanze del rifugio Pian delle Bosse, scalfito su di un torrione poco dopo la deviazione che porta alla Rocca d’Avio, minuscola palestra d’arrampicata. Si tratta di un’incisione pressochè quadrata con un’apice rivolto verso l’alto, come se si fosse voluto rappresentare una paletta rovesciata, un piccolo segno, certamente, ma che testimonia come anche questo luogo, millenni or sono, era gia frequentato, magari anche solamente da una singola famiglia. Nelle immediate vicinanze, durante l’escursione, notai alcuni blocchi rocciosi sovrapposti che mi incuriosirono alquanto: si trattava probabilmente di un riparo sotto roccia. Lo stupore ed anche la sorpresa direi, fu notevole quando, raggiunto l’esiguo rifugio, trovai al suo interno un foglio dattiloscritto con alcune note. Il foglio e le tracce di un recente sondaggio, ovviamente abusivo, non lasciarono dubbi sull’accaduto, inoltre avevo notato tempo addietro la porta del rifugio scardinata. Era accaduto che alcuni sconsiderati dopo aver sottratto generi di conforto al Pian della Bosse, avevano poi scavato in tutta tranquillità per ritrovare reperti preistorici (il sito risale all’epoca del bronzo). Ogni commento fu dunque inutile e l’alone di mistero presto scompave, lasciando spazio a tristi considerazioni; il gesto era sicuramente in contrasto con tutto quello che questi luoghi, con la propria storia e le proprie tradizioni rappresentano: partendo dai primi abitatanti per giungere alla guerra partigiana che in questi boschi ha comportato vicende drammatiche, sino a coloro che da questo territorio traggono ancora il proprio sostentamento. Dopo aver visitato questi ambienti, spostiamoci ora nelle valli più interne dove, come vedremo, altre situazioni ci attendono, ben cosciente che queste poche righe costituiscono solo un “assaggio” del complesso insieme storico, botanico e geologico del territorio ligure.
L’ENTROTERRA: OLTRE IL SEGNO
La guida “Oltre il segno” pubblicata nel 1998 per conto della regione Liguria e della Comunità montana Alta Val Bormida descrive attraverso le autorevoli e curatissime note di Carmelo Prestipino, le realtà archeologiche dell’entroterra di Savona. I ritrovamenti, alcuni dei quali relativi alle ere dei metalli, e quelli successivi altomedievali, avvenuti nei comuni di Plodio, Millesimo, Pallare, Bormida, Ossiglia, Cengio, Roccavignale, e Saliceto (CN), costituiscono in pratica l’anello di congiunzione fra le realtà storiche del versante marittimo con le presenze d’altura del Monte Beigua, dove ” l’Alta Via”, praticamente ricopre un percorso preistorico che attraverso l’altopiano del “Faiallo” raggiungeva il Turchino e quindi Genova. Anche in questo caso ciò che sembra comunque facilmente individuabile, non lo è affatto, per cui dopo aver abbandonato, almeno temporaneamente, le ricerche del menhir di Roccavignale, rivolgo la mia attenzione al masso “coppellato” della località “Colla”, valico posto nei pressi di Millesimo raggiungibile da Savona attraverso il colle di Cadibona. Il masso è collocato vicino ad una sorgente, accanto ad un crocevia medioevale dove si incontrano due itinerari: quello che collegava Finale ad Asti e quello che da Savona portava nel monrealese. Dopo varie ed infruttuose ricerche, l’indicazione giusta arriva da Prando Ernesto (alpino della Cuneense, reduce di Russia, momenti dei quali non ama parlare) la cui famiglia da generazioni vive in questi luoghi. Attraverso le sue parole ed i suoi racconti, lentamente ogni angolo del bosco prende vita, ogni traccia assume un senso, in breve la storia di questo territorio assume consistenza. Mi racconta due leggende legate alla presenza di alcune croci incise su di un grosso masso, ritroviamo una macina scavata per tre quarti forse cento e più anni addietro, rintracciamo il masso coppellato proprio a lato del sentiero nei pressi della sorgente (sulla parte superiore del masso compaiono grosse coppelle distribuite uniformemente, altre sone poste sui lati del masso stesso, unitamente ad incisioni risalenti ad epoche difficilmente databili); accompagnato dal suo inseparabile lupo, mi conduce al primo dei tre seccherecci per le castagne costruito dalla sua famiglia e mi mostra anche un masso scolpito dalla forma insolita, scontornato con un profondo cataletto su tutto il perimetro e terminante in una grossa coppella quadrata. Da ultimo mi conduce nel suo appezzamento coltivato prevalentemente a granturco, coglie un pomodoro per dissetarsi, mentre con tono sommeso e con un gesto che richiama una devozione oserei dire religiosa per la propria terra, mi dice: guarda, con un colpo di zappa mette alla luce alcune patate bianche e profumatissime, quelle tipiche liguri. Dentro di me lo ringrazio, per Ernesto la sua terra è tutto; da questo gesto dobbiamo solo imparare; la semplicità, ma al contempo l’austerità delle sue parole mi trasmettono un profondo messaggio che mi ripaga abbondantemente dei vari tentativi andati a vuoto. L’ arrivederci è per il prossimo anno, in agosto, quando in un campo vicino verrà eseguita la trebbiatura con i mezzi e i metodi di un tempo. Lasciamo ora anche questa zona, per così dire di transizione, posta a raccordo fra il litorale e le pendici dei massicci più elevati. E’ da ricordare che in Liguria i territori posti oltre i mille metri, presentano morfologie e caratteristiche peculiari di zone ben più elevate, troviamo infatti circhi glaciali, torbiere, (molto interessante è quella del “Laione”) ed in inverno le nevicate sono improvvise e molto abbondanti:a tal proposito, sebbene siano passati ormai alcuni anni ricordo infatti ancora il primo tentativo per rintracciare la “Pietra Scritta”, eseguito con la neve sino all’inguine.
SUI CRINALI: IL PARCO DEL BEIGUA – SULL’ALTA VIA DALLA PREISTOIRA AD OGGI
Il monte Beigua (m 1286) è raggiungibile con rotabile direttamente da Varazze o da Albissola, raggiungendo Sassello e quindi Pianpaludo. Il fatto tuttavia non deve trarre in inganno, perché una volta lasciato il manto asfaltato le cose cambiano drasticamente: orientarsi attraverso boschi incolti, tracce di sentiero o seguire il corso dei torrenti come più volte ho personalmente constatato, non è infatti cosa semplice. Soprattutto il contrasto è notevole allorquando abbandonata l’asfaltata modernità si cerca di individuare qualcuno dei siti preistorici caratterizzante questi altipiani come ad esempio: La Pietra scritta, il Dolmen, la Via Megalitica, il masso della Biscia, la Roccia del Ruscello, la pietra a Polissoir, ecc. ossia quando si tenta di “navigare” questo territorio, assimilabile ad una galassia preistorica. La Pietra Scritta (la più facilmente accessibile e purtroppo quindi la più nota) è la più centrale rispetto all’area del Monte Beigua; la sua parete ha conosciuto le incisioni più antiche ed anche le più rare della zona, quali: la ruota raggiata e la forma stellare non più riscontrabile in altre zone. Le incisioni, che richiamano credenze arcaiche, sono purtroppo ora gravemente deteriorate da scritte moderne che sovrapposte alle precedenti figure, ne hanno per sempre cancellato il messaggio (da:Le incisioni rupestri nell’area del Monte Beigua e nell’ alta valle dell’Orba); purtroppo queste parole sono state scritte dieci e più anni fa, ora da diversi sopraluoghi effettuati in questi ultimi anni debbo constatare che alcune incisioni sono state addirittura asportate.Comunque il sito prescelto quest’anno è il rio della Biscia dove troviamo un roccione inciso modestamente inclinato denominato: la Pietra Liscia. Questo luogo è stato quello che più di tutti mi ha lasciato un “segno”. Raggiungerlo, ancora una volta, come normalmente accade in questi luoghi, frequentati solamente da boscaioli o cacciatori, ha comportato qualche problema, considerato il fatto che il Rio della Biscia è suddiviso in quattro rami e non sapevo quale risalire; tuttavia le peculiari caratteristiche ambientali (la Liguria è probabilmente il territorio più ricco di minerali e rocce particolari di tutta la nazione ) mi hanno ripagato abbondantemente delle ricerche apparentemente infruttuose. A colpo sicuro mi accompagna Bibi che in contrapposizione al suo diminutivo è un giovanottone del luogo appassionato anch’esso di “pietre vecchie” ed in arte perito elettronico. Il giorno dell’escursione la nebbia invade la vasta e maestosa faggeta, pioviggina, nulla di meglio per incontrare fate e folletti; il sentiero a tratti acciottolato è fiancheggiato da massi con graffiti e sia lungo il sentiero stesso che nel torrente, calpestiamo massi di amianto che sfaldandosi lascino una scia argentea. L’atmosfera appare dunque surreale e fantastica, l’impatto emotivo è di conseguenza fortissimo. Giungiamo finalmente alla così detta “Pietra Liscia”, accanto ad una profonda nicchia scalpellata, sono presenti una serie di coppelline, alcune delle quali sono poste in disposizione geometrica; troviamo pure figure cruciformi con le estremità potenziate da coppelle o triangoli, probabilmente da ascriversi a rielaborazioni di epoca cristiana. Ma la cosa del tutto unica, ed è il motivo per il quale siamo giunti sin qui, è che perpendicolarmente al corso d’acqua e per tutto lo scivolo di roccia, appaiono una serie di tacche scavate anticamente. Si tratta di incisioni pediformi (con frequenza in Francia troviamo l’accostamento incisione pediforme – fonte sacra – in Liguria la cosa è rarissima). Alcune mostrano chiaramente il tallone, altre sono schematizzazioni del piede nudo, tutte sono comunque a grandezza naturale. Scatto qualche fotografia, cerchiamo anche di individuare ” Il masso della Biscia” ma inutilmente, anzi “Bibi” rovistarndo nella boscaglia smarrisce l’orologio, ingannati dalla nebbia fatichiamo a trovare la strada del ritorno, ci orientiamo con il rumore del torrente e le scarse tracce di sentiero, rientriamo che ormai è buio. Abbiamo passato qualche ora oltre la frontiera del tempo, frequentato ambienti che ormai non sono più quelli ai quali siamo abituati, spostandoci su sentieri tracciati centinaia di anni or sono. Abbiamo sicuramente incontrato un territorio che praticamente ha conservato le proprie caratteristiche da tempi lontanissimi, pur essendo distante un’ora dalla civiltà; ci siamo interrogati del perché di quelle tracce sulla roccia, così enigmatiche ma ancora così vive. Non è senza commozione quindi che ci salutiamo, ben sapendo che altri “segni” ci attendono; le vacanze sono ormai finite, l’arrivederci è quindi per il prossimo anno.