Da “88 immagini per arrampicare”, di Nino Calegari, Santino Calegari e Franco Radici – 1985
Premessa: i tre autori di questo volume ci aiutano a percorrere una parte della storia del CAI di Bergamo, storia della quale anch’essi fanno parte: infatti definire alpinisti i fratelli Calegari è forse poco, hanno amato le nostre montagne, le hanno scalate, le hanno fotografate, ne hanno raccontato la storia con Franco, hanno cercato di trasmettere il gusto della ricerca e della conoscenza dei vari luoghi. Sinceramente debbo dire che questa capacità di sintesi si è probabilmente ormai persa, i tempi cambiano, le esigenze anche, il gusto per il rischio diminuisce, la frenesia quotidiana annulla la capacità di lavorare a lungo su di un argomento, certamente si fanno tante altre cose: ma il coraggio di lavorare da soli, in luoghi solitari, cercando magari per anni flebili tracce, senza cercare facili successi, certamente oggi è ad appannaggio di pochi. A parte quanto detto, estraiamo dal testo citato alcune salite che ci possono fornire notizie sul panorama alpinistico presente sulle nostre Orobie.
Con gli asterischi ho indicato le salite su calcare (Presolana e Bagozza principalmente)
*** 1870 – Presolana Occidentale, prima salita – Carlo Medici, Federico Frizzoni e Antonio Curò
*** 1875 – Presolana Orientale, prima salita – Baroni, Torri
1877 – prima ascensione del Pizzo Coca – Baroni, in solitaria, ripetuta con Torri nello stesso anno.
***1878, 3 febbraio, Presolana Centrale, Pietro Medici, Magnaghi, Brioschi, Vigoni: prima invernale
1878 – 30 luglio – Vetta della Trubinasca, Torri e Baroni, dopo precedente tentativo fermato da una bufera da parte del Conte Lurani Cernuschi con il Torri.
1891 – Pizzo del Diavolo di Tenda, 2914 m, Cresta Sud, sviluppo 450 m , A. Baroni, passaggi di II (Rif Calvi): alternativa alla via normale della forcella di Podavit. Il panorama, lungo questo itinerario, è stupendo.
– Il Pizzo del Diavolo di Tenda, unitamente alla Presolana, rappresenta praticamente la montagna simbolo della Bergamasca: il Palamonti stesso nella sua architettura ne riproduce, in forma stilizzata l’ inconfondibile profilo. Geologicamente rappresenta una particolarità: le due fasce rocciose di colore diverso che solcano sia il Diavolo che il Diavolino, stanno ad indicare che quest’ultimo sormontava la vetta principale. Successivamente, in tempi geologici lontanissimi una grandiosa frana ha spaccato in due la vetta principale abbassandone anche di molto la primitiva quota.
***1895 – Pizzo della Presolana, 2521 m, G. Mai, Traversata delle creste da Est ad Ovest. La Presolana, sia dal punto di vista geologico che alpinistico, rappresenta un mondo a parte. Il massiccio conta decine e decine di vie d’arrampicata, aperte praticamente di anno in anno, sia d’estate che d’inverno e di ogni difficoltà: un vero e proprio arrembaggio composto da fantasia ardimento e senso estetico.
Per quanto mi riguarda ho percorso questo itinerario, in inverno, partendo sia da Est che da Ovest.
La prima volta con un compagno bivaccammo ai Cassinelli, risalimmo al Visolo ed incominciammo la traversata con condizioni di neve ottime. Isolamento e silenzio assoluti. Quella volta, non so per quale insana convinzione personale e per allenarmi a chissà quale impresa, non volli utilizzare i guanti per tutta la giornata, alla sera le mie mani apparivano “orgogliosamente” escoriate e lo rimasero per qualche settimana ancora: sicuramente un esempio da non seguire.
La seconda volta, affrontai la traversata integrale da Ovest. Partenza da Bergamo alle due di notte: raggiunta la grotta dei Pagani decidemmo di non legarci: salire di notte, con la luna piena , affidando la propria fortuna alle punte dei ramponi dava una sensazione strana, ovviamente anche la minima distrazione o inconveniente avrebbe potuto porre termine alle nostre velleità alpinistiche: ma pur essendo consapevoli del rischio che stavamo affrontando la cosa ci inebriava. Alle sei raggiungemmo la punta Occidentale, preparammo il the ed incominciammo la spettacolare traversata. Ripensando a quella salita ancora oggi qualche brivido mi attraversa la schiena, considerato il fatto che poi sulle creste “prudentemente” procedemmo sempre legati in cordata.
Sempre ripensando a queste esperienze alcuni ricordi salgono alla mente, purtroppo alcuni del tutto spiacevoli. Ad esempio il compagno di cordata che mi accompagnò la seconda volta in Presolana, in seguito a forti dispiaceri legati alla sua vita personale si tolse volontariamente la vita con il gas di scarico della propria macchina, cosa che accadde anche ad un altro amico alpinista all’incirca nello stesso periodo. Ho perso altri amici, chi per un incidente in canoa, un altro compagno mentre affrontava un volo acrobatico con il delta plano, un altro ancora per una banale coincidenza in Medale. Da ultimo e di recente un altro “amico di tutti”: Alberto Consonni ha eseguito la sua ultima scalata. Poi ve ne sono tanti altri conosciuti più di fama che per averci scalato effettivamente assieme: penso ad esempio a Renato Casarotto che una volta mi disse “sei troppo alto per arrampicare bene” : non so perché si espresse in quel modo nei miei confronti, ma il fatto è che aveva ragione, anche se lui di certo mingherlino non era e sicuramente sapeva scalare.. In verità gli amici che ci hanno lasciato per questo amore e per questo desiderio di esprimere la propria libertà e la propria fantasia sono purtroppo molti.
Quanto detto porta sicuramente tutti verso alcune riflessioni e sul perché l’uomo affronta in molti campi, rischi che gli possono essere fatali. Penso sia inutile cercare una risposta o superficiali ideologie: l’uomo è fatto così, estremamente diversificato nel pensare e nell’agire. Rimane il fatto che su alcuni la montagna esercita un richiamo irresistibile, è un mezzo d’espressione, una forma d’arte che tramuta in realtà quel desiderio di infinito e di “leggerezza” che accompagna l’uomo da sempre..
1896 – Punta di Scais, 3037 m, versante orientale – Canale Centrale, A. Baroni, H. Steinitzer, affrontato in discesa, Sviluppo 650m, Canale max 40° (Rif Coca): evidentemente Baroni era a suo agio sia su roccia che su neve ed il suo modo di pensare la montagna era sicuramente a 360°
1897 – Pizzo del Diavolo di Tenda, 2914 m, A. Baroni affronta la cresta Sud-Sud Ovest, tracciando un percorso che a tutt’oggi non possiamo ben definire perché consente ampie scelte di itinerario. Questa prima salita di “carattere alpinistico, in relazione ai tempi sottolinea l’ardimento di una delle prime guide alpine bergamasche.
Il pizzo del Diavolo del resto offre diverse possibilità: io stesso, con altri tre compagni incontrati per caso, fummo colti da un violentissimo temporale seguito da grandine ed abbondanti e paurosi fulmini. Eravamo alla bocchetta posta fra le due vette. Per un lungo periodo, accovacciati alla belle e meglio in un piccolo anfratto, non ci potemmo muovere a causa delle continue scariche elettriche, poi incominciammo a scendere lungo roccette e cenge non difficili, ma che non saprei, a tutt’oggi, di certo individuare: fummo abbastanza fortunati anche perché non avevamo con noi né corda ne altri strumenti di sicurezza.
1889 – Pizzo Coca, 3050 m, Canalone Nord – Ovest, A.Baroni, A. Cederna, A. Valesini, pendenza max 50°, dislivello 700m (Bivacco Resnati). Come per la Punta di Scais, Baroni si ripete su di una lunga via di neve: seconod i F.lii Calegari si tratta della più bella salita alla più alta vetta delle Orobie.
1908 – Pizzo di Coca, 3050 m, Cresta Nord, G. Cederna, A Valesini, Passaggi di III, dislivello 450m (Rif Curò)Forti dell’esperienza fatta con Baroni i due scalatori ne continuano la tradizione.
1913 – Cima del Fop, 2322 m, parete Nord – Est, C. Locatelli, G. Biffi, M. Carenin, passaggi di IV, Sviluppo 700 metri.( Valvanale). Considerato l’anno di apertura della via, il suo sviluppo, l’ubicazione e le difficoltà di alcuni passaggi, ci troviamo di fronte ad una realizzazione, per i tempi, di tutto rispetto. Nel 1950 i “soliti” Longo e Martina ne tracciano alcune varianti.
1921 – Pizzo del Diavolo di Tenda, 2914 m, Cresta Est nord Est, parte alta della cresta, A. e N. Corti, sviluppo 700 m, percorribile in 6 ore, passaggi di IV+ (Carona). 1942: ripetizione di gran parte dell’itinerario: R. Prandi, Dal Rio, L. Gazzaniga, N. Traini.1983: percorso integrale: D. Rota, con N. Calegari. Come anzidetto il pizzo del Diavolo offre diverse opportunità e certamente l’integrale della cresta Est Nord Est rappresenta una via di salita del tutto impegnativa. Altra bella realizzazione è rappresentata dalla salita allo spigolo Est Nord-Est del Diavolino Compiuta dai fratelli Calegari nel 1955.
1923 – Pizzo di Coca, 3050 m, cresta Sud, C. Luchsinger, F. Perolari, B. Sala, , sviluppo 380 metri, passaggi di III, (Rif Coca), Alternativa alla via normale della cresta Sud – Est
1926 – Punta di Scais, 3037 m, Cresta Nord-Ovest – Cresta Corti, A. Bonola, A. Corti, passaggi di IV+, sviluppo 700/1000 metri (Rifugio Mambretti) da “ 88 immagini per arrampicare” … Il percorso dell’intera cresta occidentale, conosciuta meglio con il nome di “Cresta Corti” costituisce sicuramente una delle più interessanti e remunerative ascensioni delle Orobie, sia per l’ambiente severo in cui si è inseriti, sia per il forte dislivello e la qualità della roccia generalmente buona. In complesso è un’ascensione che se pur di non forti difficoltà richiede buon allenamento alla fatica, considerando anche che la discesa, qualunque percorso si scelga , non è mai banale”
A mio avviso, dati i tempi della prima ascensione, unitamente alla lunghezza del percorso stesso, ci troviamo nuovamente di fronte ad un itinerario del tutto particolare che nulla ha da invidiare alle salite più note delle Alpi.
1927 – Corna Piana, 2226 m, parete Nord, Corio, Casari, passaggi di IV, sviluppo 350 metri. (Valcanale) –
L’itinerario originale ha subito nel tempo alcune varianti ad opera di altre cordate ben note: Garlini e Scandella nel 43 e Longo, Bramiti nel 51.
1929 – Monte Cabianca, 2601 m, parete Nord, G. Cesareni, E. Luchsinger, Zanetti, passaggi di terzo (Carona)
Ogni vetta all’inizio della propria storia alpinistica viene salita dal versante più facile, anche se nel 29 probabilmente il concetto di facile non era simile a quello di oggi. La storia di questa montagna prosegue nel 55 con S.Calegari ed L. Betti che ne salgono il versante Nord ovest e con un’ estetico itinerario del 68 pensato da S. calegari, A. Farina e A. Sugliani con difficoltà di V ed A1. Lungo un bellissimo diedro della parete ovest/nord/ovest
1930 – Pizzo dell’Omo, 2773 m, parete Ovest, G. Cesareni. E. Luchsinger, L. Zanetti, passaggi di IV, Sviluppo 500 m, molto lungo l’avvicinamento. ( Longo, passo di Cigola).
Sicuramente i tre alpinisti citati non mancavano di intraprendenza, questo itinerario richiede un lungo avvicinamento, 450 metri di dislivello dal Longo al Cigola, dal passo alle baite di Cigola 600 m in discesa, dalle baite all’attacco 400 metri. Anche il ritorno non è dei più semplici e brevi. Chi decidesse di percorrere questo itinerario deve sicuramente essere molto molto allenato.
*** 1930 – Cimon della Bagozza, 2409 m, parete Nord –Ovest, V. Bramani, A. Camplani, L. Gasparotto, passaggi di IV, sviluppo 350m.
Da “88 immagini per arrampicare” … Elegante itinerario, che solca quasi interamente l’evidente canale-camino che corre a lato dell’imponente spigolo Nord della Montagna. La roccia non è di quella che si vorrebbe incontrare, ma la logicità della via, ben scelta da Bramani,ne giustifica l’ascensione ….
Questa, dopo lo spigolo Sud, solitamente è la seconda meta che una cordata di neofiti affronta, anche se qualche ancoraggio non è a volte fra i più sicuri. Proprio su questa via, a causa di un momentaneo malessere del nostro capo cordata, ci fu il mio battesimo da “primo”. Anche la cordata che seguiva non era troppo in forma, per cui ci legammo tutti insieme. Praticamente mentre io ero quasi in cima, l’ultimo alpinista si trovava ancora all’attacco. Quel giorno ero comunque particolarmente ispirato per cui mi permisi anche qualche audace variante.
*** 1930- Pizzo della Presolana Occidentale, 2521 m, Spigolo Nord-Ovest, E. Castiglioni, V. Bramani, C. Gilberti, passaggio di VI-, Sviluppo 430 m ( Rif Albani) Da “ 88 immaginai per arrampicare”… Vale per lo spigolo Nord Ovest la medesima considerazione fatta per la Cassin alla Bagozza. La non buona qualità della roccia non ne giustifica certamente l’esclusione, in quanto lungo il bellissimo e marcato profilo il fortissimo Ettore Castiglioni, tracciò una delle sue più belle salite. A tutt’oggi lo spigolo Nord/ Ovest risulta essere giustamente l’emblema delle nostre montagne, imponente, attraente ed elegante allo stesso tempo ….
Castiglioni con questa salita in relazione ai tempi anticipa di molto l’arrampicata moderna.
Effettivamente questo spigolo attrae l’attenzione non solo degli alpinisti ma anche degli escursionisti e dei fotografi, infatti sembra impersonificare l’essenza estetica della montagna. Purtroppo rileggendo queste note non posso che riconfermare quanto viene detto nel libro: la roccia è effettivamente friabile. In effetti sul primo tiro della Castiglioni, ad un certo punto, mi ritrovai con una pila di pietre appoggiate all’imbrago. Situazione veramente spiacevole: dissi ai miei due compagni di spostarsi e tendere bene le corde, dopo di che incominciai a svuotare l’imbrago. Sullo spigolo ad un certo punto devi spostarti a sinistra, sulla Nord: è un passaggio interessante che richiede qualche secondo di adattamento mentale, effettivamente questo versante è decisamente impressionante ed il fatto di trovarsi a picco sul laghetto di Polzone è molto poco rassicurante, ma si tratta di un attimo e la sgradevole sensazione viene soverchiata dal fatto che comunque devi proseguire verso l’alto.
1931 – Pizzo Arera, 2512m, parete Nord, G.B. Cortinovis, Corio, Rigoli, passaggi di IV+, sviluppo 450 m (Valcanale) – Quando pensiamo ad un percorso di vita, ad un rigore nel proporre le proprie idee, a persone schive ma che sanno vedere lontano, non possiamo che portare ad esempio G.B. Cortinovis: ci ha lasciato da poco ma con una grande eredità: il Parco delle Orobie.
1931 – Pizzo Poris, 2712m, parete Nord-Ovest, F.lli Longo, variante F.lli Calegari,1955, passaggi di V (Carona). E’ la prima delle diverse vie aperte su questo sperone solitario e sicuramente una delle vie più impegnative aperte nel periodo prebellico. Lo sviluppo è di 240 metri prevalentemente su buona roccia.
1931 – Monte Secco, 2267 m, parete Nord-Est, G.B. Cortinovis, Corio, passaggi di IV, sviluppo 1050m ( Valcanale) – La via è abbastanza insolita per la presenza di molte cenge ricoperte da mughi, è comunque la più alta delle Orobie: vedendola dal basso, l’invito è quello di salirla, la discontinuità della salita penso possa essere certamente ripagato dal fatto di essere immersi ed accolti in un ambiente comunque selvaggio.
***1931- Pizzo della Presolana Centrale, 2517m, Spigolo Sud; G. e L. Longo, passaggi di IV, varianti di V. Si tratta della più nota salta della bergamasca: Quando si vuol iniziare, la prova del fuoco è quella di percorrere lo spigolo Sud, che solitamente però non si percorre integralmente. Sono invece molto belli i primi due tiri che solitamente si baipassano salendo sulla rampa obliqua di sinistra. Giuseppe ed Innocente Longo, con questa salita hanno lasciato una firma indelebile nella storia dell’alpinismo bergamasco.
Sulla destra dello spigolo Sud si erge una parete strapiombante. Mentre penso a queste note sto sfogliando il notiziario le Alpi Orobiche – Luglio 2011, Davide Rottigni e Dario Nani scrivono a proposito della via dei Nossesi che percorre quegli strapiombi …“ bella roccia, ambiente super, difficoltà relativamente contenute (rispetto ai parametri moderni) dopo un chiodo ricurvo, uno che sporge pericolosamente ed uno che si sposta solo a toccarlo, faccio il bravo e salgo con tutta la delicatezza possibile … il resto della via è tutta uguale, chiodi vicini ma da “guardare e non toccare”….
Questa via risale ad una quarantina di anni fa e venne chiodata da Renato Rocca. Io quindi devo averla ripetuta circa dieci anni dopo la sua apertura. A distanza di così tanto tempo debbo dire che le impressioni di Davide e Dario non differiscono nemmeno di un millimetro da quelle che pensai mentre salivo quella via. Di quell’itinerario ho ancora un chiodo “ricordo”, La parete in quel punto è piena di buchi, in uno di questi vi era un tassello di legno e dentro il tassello un bel Cassin lungo non più di due centimetri: si trattava della classica “cerniera”, i chiodi sorreggevano il tuo peso ma non sono in grado di arrestare una caduta..
In Presolana quindi a volte occorre molta prudenza: le vie moderne sono estremamente difficili ma vengono protette a spit, mentre quelle degli anni passati sono da affrontare sempre con la massima attenzione. Caso analogo anche sulla Occidentale, non ricordo quale fosse la via, l’ultima sosta era posta al di sotto di un tetto: una fessura ne attraversava il bordo inferiore, nella fessura due chiodi molto arrugginiti e molto ricurvi, di quelli artigianali con l’anello piegato sull’incudine a furia di martellate, si muovevano e non davano proprio nessun affidamento, inoltre non vi era nessuna altra possibilità di chiodatura, Michele salì l’ultimo tiro mentre io ero nel panico più completo: quei due chiodi, così “morali” mi terrorizzarano e non me li sono mai più scordati ……… anzi mi convinsero che la mia esperienza con l’arrampicata era terminata.
***1932 – Pizzo della Presolana Centrale, 2517 m, Parete Nord, E. Castiglioni e G. Gilberti, passaggi di IV- sviluppo 450 m (Rif Albani)….Costituisce la via più diretta dal versante nord alla vetta della Centrale ed un’altra bella testimonianza della presenza sulle nostre montagne della fortissima cordata Castiglioni e Gilberti ….
*** 1934 – Cimon della Bagozza, 2409 m, Spigolo Nord, R. Cassin, A. Frattini, R. Varallo, sviluppo 400, passaggio di VI; A1, (Shilpario)
Da “88 immagini per arrampicare” … In base ai criteri di selezione delle ascensioni in questa raccolta, avremmo dovuto escludere questo itinerario per la friabilità della roccia. Tuttavia la logicità e l’eleganza del tracciato ne hanno fatto ritenere possibile l’inserimento, pur consigliando la massima cautela agli eventuali ripetitori …
La Cassin ai giorni nostri di Cioccarelli Roberto,
Difficoltà: un tiro sostenuto fino al VI+ in libera, altrimenti A0 e V+, passaggi di V e V+.
Materiale: pur essendo stata di recente un po’ sistemata (Capitanio e Cioccarelli il 16.09.2000) la via rimane di stampo sicuramente alpinistico; casco, martello e materiale solito; N.B. nel tiro duro ci sono 14 chiodi.
Chiodatura: la chiodatura è classica, niente spit, soste attrezzate, ben chiodato il tiro duro.
Roccia: buona soprattutto nei tiri duri, friabile solo a tratti.
Tempi: 1.45 all’attacco, 4/6 ore di via, 1.30 discesa.
Sul tiro più duro Cassin non utilizzò più di quattro o cinque chiodi e circa quattro ore per riuscire a piantare quello decisivo prima di riuscire a superare il passaggio: questo avvenne dopo alcuni voli quando ormai la corda di canapa era ridotta ad un solo trefolo.
1934 – Cima della Foppa, 2851 m, Cresta Nord-Ovest, P. Foianini, A. Gualzetti, B. Melazzini, passaggi di IV+ e V, sviluppo 400 metri (Centrale dell’Armisa). Da”88 immagini per arrampicare)…”Una delle tante ascensioni compiute da questa cordata, che al pari di altri profondi conoscitori del versante valtellinese, quali A.Corti e G. Messa, assai proficuamente alla esplosione alpinistica di questo bellissimo versante delle nostre montagne”….
*** 1934- Pizzo della Presolana Centrale, 2517 m, Cresta Sud-Ovest, E. Castiglioni, S. e M. Saglio, passaggi di III+, sviluppo 350 m, (Bivacco Città di Clusone) Da 88 immagini per arrampicare …”nel corso degli anni trenta, la Presolana visse spesso la presenza del grande Ettore Castiglioni, che dalla vicina Milano, approdava frequentemente sugli spigoli, creste e pareti dell’imponente massiccio scoprendo e percorrendo n uovi itinerari di notevole interesse”…..
*** 1937- Pizzo della Centrale, 2517m, Cresta sud alla Presolana del Prato, E. Castiglioni, E. Bozzoli, passaggi di IV, sviluppo 350m.
1940 – Pizzo Recastello, 2286 m, canale Nord, N. Corti, A. Marco, P.Perego, pendenza 40°-45°, sviluppo 350m (Rif Curò) La salita è certamente invitante ed intuitiva (altre salite: 1923, Cresta dei Corni Neri, U. Combi, G. Pirovano; 1931: Spigolo nord-Nord Ovest, G. Pirovano, G. Gavazzeni, P.Rigoli, passaggi sino a IV- evitabile, sviluppo 600m; . 1946: G. Dall’Oro, e A. Pezzotta, passaggi di IV, sviluppo 300m)
1950- Pizzo Porola, 2981 m, Cresta Est, A Longo con E. Martina, sviluppo 650metri, passaggi di III-IV, (Rif Coca). Da: 88 immagini per arrampicare”… “Su questa montagna un po’ troppo dimenticata a favore delle più note circostanti (Coca, Scais, Redorta), si svolge una lunga e bella ascensione, forse la più interessante dal punto di vista alpinistico dell’intero bacino dell’Alta Valle di Coca”…
1951 – Corna di Valcanale, ( erroneamente denominata dai licali: Cima del Fop) 2174 m, spigolo Nord-Ovest, A.Longo, E. Martina, sviluppo 200m, passaggi di IV (Valcanale) ancora due importanti nomi per una bella realizzazione.
1952 – Monte Grabiasca, 2705 m, parete Nord Ovest, A. Longo, S. Bramati, passaggi di IV, sviluppo
300m (Rif, Calvi)
*** 1954 – Pizzo Presolana Occidentale, 2521m, Parete Sud, V. Balicco, V. Botta, passaggi di V-, sviluppo 200 metri (Bivacco Città di Clusone)
*** 1954 – Pizzo delle Presolana Orientale, 2490 m, Parete Sud, L.Pelliccioli e F: Spiranelli, passaggi di V+, sviluppo 300 metri.
Da “88 immagini per arrampicare”… Questa bella salita è stata tracciata con grande intuito alpinistico da Leone Pelliccioli, guida alpina e figura di primissimo piano dell’alpinismo bergamasco degli anni cinquanta
1954 – Torrione del Salto, 2640 m, Spigolo Ovest, A. Longo, E. Martina, sviluppo 300 metri, passaggi di IV+ (baite di Cigola) Anche questo itinerario come del resto quello aperto sul Pizzo dell’Omo da G. Cesareni nel 1930, richiede una ceta dose di intraprendenza alpinistica. Lo spesrone roccioso dello spigolo si innalza verticalmente del celo dichiarando tutta la sua ostilità a chi lo vuol salire.
1955 – Pizzo del Becco, 2507 m, parete Nord-Nord Est, S. Calegari, L. Betti, passaggio di IV+
Pizzo del Becco, 2507 m, parete nord/nord est, S. Calegari, F. Rho, 1959, passaggi di IV
Pizzo del Becco, 2507 m, parete nord, G.C. Agazzi, S.Aarrigoni 1970, passaggi di IV
Pizzo del Becco, 2507 m, parete nord/ spallone orientale, 1983, Gaffuri, Azzoni, Galliani, passaggi di V-VI
…. Da 88 immagini …. sicuramente molteplici e varie sono le motivazioni, soggettive, che spingono gli alpinisti sui monti; per molti di noi credo sia tuttora stimolante percorrere itinerari, che conducono alle vette delle montagne. Una giusta ed importante collocazione la si deve tuttavia dare alla voce “divertimento”, che dovrebbe essere e rimanere il punto di arrivo di ogni attività sportiva. Per questa ragione si sono volute inserire in questa raccolta due salite, questa e la successiva (Gaffuri-Azzoni), che pur non raggiungendo la vetta , di divertimento ne assicurano a piacere, in quanto si svolgono su roccia bellissima, con una serie di passaggi molto interessanti in uno scenario molto bello…”
In quanto autore di questa breve sintesi non posso che ringraziare i Calegari e Radici per aver accolto nel loro libro anche una salita effettuata “a quel tempo” da giovani: si tratta di 28 anni fa. Anche in questo caso non si può non notare come l’alpinismo rappresenti una parte, seppur fondamentale, della vita di un appassionato della montagna, ma non la sola. Nino Calegari è stato presidente della nostra sezione nonché promotore di molteplici iniziative di carattere sociale, Rho è certamente molto conosciuto e non ha bisogno di presentazioni. Arrigoni oltre che alpinista è stato forse la prima persona che ha tentato di riorganizzare il settore dell’Alpinismo Giovanile, lasciando poi al sottoscritto il compito di proseguire in questo compito, la Gaffuri oltreché madre è anche accademica come Azzoni, al momento presidente della Commissione Spedizioni Extaeuropee.
Anche quella salita al Becco ha comunque una sua storia ed interpreta bene forse quell’andar per monti in maniera un poco randagia e spensierata alla ricerca di avventura è perché no di divertimento.
L’andar per monti però insegna anche ai giovani che a dettar legge è in primo luogo la montagna. Quella volta avevamo soprattutto tempo e sicuramente molte energie da smaltire. Bivaccammo in una stalla sopra il Calvi, resa “sterile” dal freddo di quei giorni. La nostra meta era la Nord del Rondenino, ma una volta giunti alla Bocchetta di Podavit, osservando la cengia ormai innevata che ci portava in Val d’Abria e la repulsiva e nera Nord del Rondenino decidemmo che forse era meglio rinunciare.
(Anni dopo con altri amici, effettivamente, scalammo il Rondenino da Nord, lungo placche nere e lisce. Probabilmente aprimmo una variante alla Calegari/Poloni del 58 che piega a sinistra sotto le impressionanti ed instabili placche della vetta. In verità tentammo successivamente di sondare quelle placche osservandole dalla vetta stessa, ma temo che il problema di una diretta rimarrà “saggiamente” insoluto.)
Quel giorno però non volevamo tornare a mani vuote per cui rivolgemmo la nostra attenzione alla Nord del Poris. Non ci eravamo documentati sulle opportunità di salita, per cui decidemmo di attaccare alcune placche abbastanza verticali. Per arrampicare sulle Orobie occorre abitudine e conoscenza del tipo di roccia che in quel caso appariva decisamente repulsiva, nera, con appigli rovesci ed anche bagnati: bastarono due tiri, dove comunque erano evidenti le con tracce di precedenti tentativi, per farci capire che quella non era giornata. Azzoni e Gaffuri decisero allora di dirigersi al Sardegana, io sarei dovuto ritornare a Bergamo ma decisamente non ne avevo voglia, dovevo comunque avvisare e siccome a quel tempo non esistevano ancora i telefonini, scesi a Carona, chiamai casa e risalii lungo i gradini della condotta forzata sino al Sardegnana.
I guardiani della diga, quella sera , con noi furono molto accoglienti ed un sorso di buona grappa ci ripagò delle fatiche da poco concluse: quel bicchierino non ce lo scorderemo mai. Il giorno successivo guardando la bastionata del Becco notammo che due evidenti diedri ne solcavano la parete: tentammo il primo a sinistra, l’Azzoni quel giorno era proprio in gran forma, ci trovavamo in un ambiente veramente unico, grande panorama, gran freddo, gran vento e difficoltà notevoli. La fortuna ci guidò ed aprimmo una bella via su roccia solidissima, lungo diedri stupendi, sembrava di essere in Yosemite: ovviamente dedicammo la salita ai guardiani della diga.
1958 – Pizzo di Trona, 2510 m, parete sud-est, Pezzini, Conti, Peloni; passaggi di IV,sviluppo 200 m. (Gerola/Cusio) – Pezzini è alpinisticamente conosciuto dai frequentatori della Presolana, scegliendo questa via ha dato ancora una bella prova di se intuendo un elegante itinerario su di una vetta che solitamente è poco frequentata.
1959 – Pizzo Rondenino, 2747m, Cresta Nord, A. Longo, E. Martina, Parete nord, S. Calegari, N. Poloni, 1958. Il Rondenino è una montagna particolare formata da roccia nera e compattissima, la si può risalire da sud lungo due itinerari diversi, mentre da nord o la si percorre lungo la via Longo posta sulla destra della vetta o lungo la via Calegari che supera le placche centrali per poi piegare lungo una lunga cengia verso sinistra. Una via diretta alla vetta, per averlo tentato personalmente, appare del tutto impossibile a causa dell’estrema friabilità della roccia sottostanta la cuspide finale.
1965 – Monte Aga, 2720m, parete Nord, S. Calegari e R. Farina, passaggi di IV. Pochi sanno che i due componenti della cordata inventarono la prima imbragatura come la conosciamo. Il prototipo è esposto in sede a Bergamo, purtroppo non la brevettarono e cedettero l’idea alla ditta Cassin: da allora quell’imbragatura porta il nome del celebre alpinista che seppe valorizzarla e proporla come elemento di sicurezza al grande mercato.
*** 1972 – Pizzo della Presolana Occidentale, 2521m, parete Nord, Direttissima, L. Piantoni, R. Berlinghieri, A. Fantini, F. Corrent, passaggi di V, A1, A2, A3, sviluppo 450m. Bella realizzazione degli scalvini con 190 chiodi utilizzati dei quali 145 rimasti in parete.
*** 1975 – Parete Ovest Nord Ovest – Via Denise, L. Piantoni e F. Bettineschi, passaggi di V, A1, A2, A3…. Da 88 immagini per arrampicare”… In base ai concetti che hanno portato alla stesura di questa raccolta di ascensioni, questa via, unitamente alla direttissima, non avrebbe dovuto trovare collocazione in quanto percorribile con l’impegno di abbondanti mezzi artificiali. La motivazione a questa deroga è da ricercarsi nel nostro desiderio di rendere un sincero omaggio a tutti quei fortissimi alpinisti, alcuni dei quali purtroppo scomparsi (Carlo Nembrini, Placido e Livio Piantoni, Leone Pelliccioli, Renzo Scandella ed altri) che dal dopoguerra sino ai giorni nostri hanno contribuito alla profonda conoscenza della Presolana….
1977 – Monte Pietra Quadra, 2356 m, pareteNord, N.e S. Calegari, passaggi di IV, il gusto della scoperta e dell’esplorazione, non manca di certo ai due fratelli Calegari.
1977 – Pizzo Redorta , 2616 m, Parete Nord –F.lli Calegari, Cima d’Avett, passaggi di IV+ esposti, Sviluppo 250 mv(Rif Coca) Altra bella ed elegante proposta dei Calegari. La via di salita appare evidente ed invitante con roccia insolitamente ottima.
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1985 – Monte Aga, 2720m, parete Ovest, , Scanabessi e F.lli Calegari, passaggi di V, (Carona)
Ormai il nome dei F.lli Calegari lo conosciamo, a loro si aggiunge Scanabessi, simpatico ed estroverso alpinista del panorama alpinistico bergamasco. La via attacca lo sperone a sinistra dell’evidente camino posto anch’esso alla sinistra della vetta, lo sviluppo è di 300 metri che richiedono circa quattro ore di scalata: alcuni chiodi lasciati in loco ne facilitano i vari passaggi.
1985 – Pizzo Gro – 2653 m, Parete Nord, R. Rota, F.lli Calegari, passaggio di V+, (Agneda)
Le Orobie sanno decisamente farsi rispettare, non fosse altro per i lunghi avvicinamenti che impongono. Gli ambienti sono sempre severi, solitari, spesso senza punti di appoggio. Valgono dunque decisione, allenamento, forza, prudenza e soprattutto conoscenza del tipo di roccia. Quasi tutti gli itinerari descritti sono assai poco frequentati, per cui le sorprese certamente non mancano. Di certo non si avranno file di chiodi che indicheranno i percorsi, ne si potrà contare sulla vicinanza, come si è detto, di punti d’appoggio. Nelle Orobie si è spesso da soli con tutte le conseguenze del caso: non siamo in Dolomiti con i percorsi frequentatissimi, dove in caso di necessità si può chiamare soccorso con relativa facilità.
E’ inoltre da sottolineare che siamo nel 1985, i F.lli Calegari scalano ormai almeno da trent’anni, un periodo decisamente lungo e prolifico, hanno vissuto tutta l’evoluzione delle tecniche e dei materiali. In questa salita, nel punto più difficile vengono utilizzati anche i nuts: piccoli dadi in alluminio sagomato che spesso, per fessure cieche o troppo larghe possono sostituire l’utilizzo dei classici chiodi. Ci troviamo quindi di fronte ad una salita del tutto particolare con difficoltà elevate.
Anche per la salita del 1983 al Becco, di Azzoni, Gaffuri e Galliani, vennero utilizzati dei grossi nuts ed in un caso, lungo un’ostica fessura, Azzoni non trovò di meglio che incastrare un grosso sasso fra le pareti della stessa: un ancoraggio veramente sicuro che mi costrinse a mettermi a testa in giù per recuperare la fettuccia messa per assicurare il passaggio.